Così, di botto, tutti insieme. Ripartiamo arrembanti dai vini dello stivale.

A Priverno, nell’entroterra Laziale, continua la salvaguardia delle antiche varietà e dei vecchi vigneti. Arcangelo ed Emiliano, i ragazzi dietro al Progetto SETE per chi non lo sapesse, stanno facendo un lavoro immenso. Fatiche che si materializzano nuovamente in vini inimitabili. Il Tropicale, ancora una volta, è il vino che andrebbe sempre tenuto in fresca durante i mesi estivi. Ottonese, Moscato e Trebbiano, macerato sulle bucce per circa 18 ore per poi essere pressato. L’ affinamento avviene in vetroresina per sette mesi. Quasi all’opposto troviamo l’affascinante Due Parole, un ottonese in purezza proveniente da vigne a piede franco, uve diraspate manualmente, pigiatura soffice con i piedi per poi passare alla pressatura. Trenta giorni di macerazione sulle bucce, 10 mesi di affinamento in acciaio e almeno 18 mesi di affinamento in bottiglia. Un vino che non teme minimamente l’invecchiamento, da bere con coscienza per godere delle sue molteplici evoluzioni che avvengono nel calice.

Grande potenza è il Possibilmente di Lammidia, un Pecorino in purezza, pigiato con i piedi e una notte di contato con le bucce. Affinamento in anfora di terracotta. Molto presente l’acacia, gelsomino e note di lavanda. Assolutamente (e non possibilmente) un vino degno di menzione. Premurosi e accorti, Davide e marco hanno pensato a chi sotto l’ombrellone, o preso da una sete improvvisa, vuole gustarsi un sorso da 200 ml di Miscela. Occhio, una tira l’altra…

Dal territorio abruzzese una sana ventata d’aria fresca. I vini di Lammidia, Indigeno e l’inossidabile Luca Bevilacqua, sono quanto mai arzilli, pimpanti e briosi, perfetti per il periodo torrido che stiamo vivendo. Fil rouge delle loro creazioni rimane sempre la facilità di beva e la freschezza, ma attenzione a categorizzarli come vini “glu glu”, termine ormai portato allo stremo. Vendemmia dopo vendemmia hanno nobilitato e rivoluzionato un territorio troppo legato all’austerità dei vini abruzzesi.

Nelle nuove cuveè d’Indigeno, Mosca, Bianco Calanchi e Sub, la croccantezza fa sempre da padrona, eccetto per il loro Feudo Rosso: vino ottenuto da uve rossi locali, affinato in contenitori di vetroresina per 12 mesi in anfora cruda da 800 litri. Quasi tradizionale per concezione, ma estremamente moderno per esecuzione. Sorprende ad ogni sorso con una polpa volutamente non consueta rispetto ai vini complessivamente beverini della cantina.

Spostandoci ad Atessa, Luca Bevilacqua ritorna con il suo ventaglio dei LAB, e i suoi bianchi dalla freschezza mortale. Sempre fedele ai vitigni autoctoni, vinifica uve Trebbiano, Montepulciano e Passerina.

Quasi volti al termine della rassegna troviamo La “Casa Agricola” di Malauva, con Tierra e Rosarella, entrambi frutto del loro uvaggio tipico, Procanico, Verdello, Druppeggio, Malvasia Toscana, con il rosato che viene ripassato sulle bucce del sangiovese. Una gioia tremenda per il palato.

Finale movimentato, o per meglio dire Mosso. Alex di Ombretta Agricola ci delizia con un ulteriore pet nat Rosato di cabernet franc e un vino Rosso da uve merlot in macerazione carbonica.

Ce n’è per tuti i gusti, quello che basta ora è STAPPARE!

Così, di botto, tutti insieme. Ripartiamo arrembanti dai vini dello stivale.

A Priverno, nell’entroterra Laziale, continua la salvaguardia delle antiche varietà e dei vecchi vigneti. Arcangelo ed Emiliano, i ragazzi dietro al Progetto SETE per chi non lo sapesse, stanno facendo un lavoro immenso. Fatiche che si materializzano nuovamente in vini inimitabili. Il Tropicale, ancora una volta, è il vino che andrebbe sempre tenuto in fresca durante i mesi estivi. Ottonese, Moscato e Trebbiano, macerato sulle bucce per circa 18 ore per poi essere pressato. L’ affinamento avviene in vetroresina per sette mesi. Quasi all’opposto troviamo l’affascinante Due Parole, un ottonese in purezza proveniente da vigne a piede franco, uve diraspate manualmente, pigiatura soffice con i piedi per poi passare alla pressatura. Trenta giorni di macerazione sulle bucce, 10 mesi di affinamento in acciaio e almeno 18 mesi di affinamento in bottiglia. Un vino che non teme minimamente l’invecchiamento, da bere con coscienza per godere delle sue molteplici evoluzioni che avvengono nel calice.

Grande potenza è il Possibilmente di Lammidia, un Pecorino in purezza, pigiato con i piedi e una notte di contato con le bucce. Affinamento in anfora di terracotta. Molto presente l’acacia, gelsomino e note di lavanda. Assolutamente (e non possibilmente) un vino degno di menzione. Premurosi e accorti, Davide e marco hanno pensato a chi sotto l’ombrellone, o preso da una sete improvvisa, vuole gustarsi un sorso da 200 ml di Miscela. Occhio, una tira l’altra…

Dal territorio abruzzese una sana ventata d’aria fresca. I vini di Lammidia, Indigeno e l’inossidabile Luca Bevilacqua, sono quanto mai arzilli, pimpanti e briosi, perfetti per il periodo torrido che stiamo vivendo. Fil rouge delle loro creazioni rimane sempre la facilità di beva e la freschezza, ma attenzione a categorizzarli come vini “glu glu”, termine ormai portato allo stremo. Vendemmia dopo vendemmia hanno nobilitato e rivoluzionato un territorio troppo legato all’austerità dei vini abruzzesi.

Nelle nuove cuveè d’Indigeno, Mosca, Bianco Calanchi e Sub, la croccantezza fa sempre da padrona, eccetto per il loro Feudo Rosso: vino ottenuto da uve rossi locali, affinato in contenitori di vetroresina per 12 mesi in anfora cruda da 800 litri. Quasi tradizionale per concezione, ma estremamente moderno per esecuzione. Sorprende ad ogni sorso con una polpa volutamente non consueta rispetto ai vini complessivamente beverini della cantina.

Spostandoci ad Atessa, Luca Bevilacqua ritorna con il suo ventaglio dei LAB, e i suoi bianchi dalla freschezza mortale. Sempre fedele ai vitigni autoctoni, vinifica uve Trebbiano, Montepulciano e Passerina.

Quasi volti al termine della rassegna troviamo La “Casa Agricola” di Malauva, con Tierra e Rosarella, entrambi frutto del loro uvaggio tipico, Procanico, Verdello, Druppeggio, Malvasia Toscana, con il rosato che viene ripassato sulle bucce del sangiovese. Una gioia tremenda per il palato.

Finale movimentato, o per meglio dire Mosso. Alex di Ombretta Agricola ci delizia con un ulteriore pet nat Rosato di cabernet franc e un vino Rosso da uve merlot in macerazione carbonica.

Ce n’è per tuti i gusti, quello che basta ora è STAPPARE!