
Tortellini, Parmigiano, Lambrusco e bianchi macerati. Questa è l’Emilia nell’immaginario comune e siamo tutti d’accordo sul fatto che ciò che risiede nel concetto di tradizione vada conservato e tutelato, ma non pensate che la tecnica prestata all’innovazione sia un qualcosa di altrettanto affascinante? Il fatto che Jacopo Stigliano sia un caso quasi isolato nel panorama vitivinicolo italiano fa riflettere. Oggigiorno, soprattutto nel vino, si ha paura di andare controtendenza, per paura di non soddisfare il bevitore medio, e quindi di non avere un ritorno economico. Per questo siamo fieri di sostenere questa “controcorrenza” di Jacopo che, con un’esperienza maturata, insolita per un ragazzo della sua età, sta cercando di ridefinire l’Emilia e il suo potenziale. Molto coraggioso e di un’integrità disarmante, decide di perseguire nel suo progetto di rivalutazione di vecchie vigne abbandonate, Chasselas Dorree, Alionza, Trebbiano Montanaro, Montuni, Uva Tosca e Negrettino, per citare solo alcune varietà, dalle quali nascono dei vini piacevolmente insoliti e sinceri.

Buriana 2019, per esempio, è quanto più vicino a quanto detto, un vino bianco, prodotto da una giostra di uve, passato sia in anfora che in cemento. Un’ossidazione nata per caso, tramutata in una morbida carezza grazie alla sua capacità di gestire la vinificazione. Pieno, pioniere di una tradizione innovativa.
Passeggiando tra le vigne, con gli stivali infangati, si ha quasi l’idea di essere in luogo surreale, una “terra di mezzo”. Alberi da frutto, fiori, legni vecchi, nodosi come le nocche di un anziano signore ed altri più esili, di pochi anni. Terra soffice e porosa, fertile e brulicante di vita. Da questi filari nasce anche il suo rosso, quasi un rosato intenso, Hiraeth, nostalgico, figlio di una terra dalle innumerevoli epoche vissute.

Tortellini, Parmigiano, Lambrusco e bianchi macerati. Questa è l’Emilia nell’immaginario comune e siamo tutti d’accordo sul fatto che ciò che risiede nel concetto di tradizione vada conservato e tutelato, ma non pensate che la tecnica prestata all’innovazione sia un qualcosa di altrettanto affascinante? Il fatto che Jacopo Stigliano sia un caso quasi isolato nel panorama vitivinicolo italiano fa riflettere. Oggigiorno, soprattutto nel vino, si ha paura di andare controtendenza, per paura di non soddisfare il bevitore medio, e quindi di non avere un ritorno economico. Per questo siamo fieri di sostenere questa “controcorrenza” di Jacopo che, con un’esperienza maturata, insolita per un ragazzo della sua età, sta cercando di ridefinire l’Emilia e il suo potenziale. Molto coraggioso e di un’integrità disarmante, decide di perseguire nel suo progetto di rivalutazione di vecchie vigne abbandonate, Chasselas Dorree, Alionza, Trebbiano Montanaro, Montuni, Uva Tosca e Negrettino, per citare solo alcune varietà, dalle quali nascono dei vini piacevolmente insoliti e sinceri.

Buriana 2019, per esempio, è quanto più vicino a quanto detto, un vino bianco, prodotto da una giostra di uve, passato sia in anfora che in cemento. Un’ossidazione nata per caso, tramutata in una morbida carezza grazie alla sua capacità di gestire la vinificazione. Pieno, pioniere di una tradizione innovativa.
Passeggiando tra le vigne, con gli stivali infangati, si ha quasi l’idea di essere in luogo surreale, una “terra di mezzo”. Alberi da frutto, fiori, legni vecchi, nodosi come le nocche di un anziano signore ed altri più esili, di pochi anni. Terra soffice e porosa, fertile e brulicante di vita. Da questi filari nasce anche il suo rosso, quasi un rosato intenso, Hiraeth, nostalgico, figlio di una terra dalle innumerevoli epoche vissute.