Architetti piemontesi, Massimo Marchiori e Antonella Gerosa si trasferiscono a Barcellona nel 2001, dove in poco tempo i difetti superano i pregi della grande città. Mossi dal desiderio di una vita a pieno contatto con la natura e dalla volontà di sostenersi in autoproduzione, iniziano la loro avventura in una meravigliosa ”finca” a Massís de Bonastre, nel Baix Penedès, un piccolo anfiteatro di terra circondato dai boschi. Realizzato il sogno legato al cibo, mancava una bevanda che tenesse testa alla genuinità dei loro pasti. Un giorno, passeggiando per i campi, Massimo nota una vecchia vite abbandonata, ma forte e rigogliosa. Quella vite era Sumoll, quanto di più rappresentativo e tradizionale in quella zona. Da lì la scintilla: recuperare e rivalutare vecchie varietà ormai lasciate nel dimenticatoio come Trepat, Garrut, Queixal de Llop, Ull de Perdiu, Samsó, Garnacha e,appunto, Sumoll, realizzando così in toto il loro progetto di autoproduzione.

Un  approccio naturale al vino, piuttosto che un approccio al vino naturale.

Per Antonella e Massimo l’essenza più profonda del vino è racchiusa tutta nella sua bevibilità, infatti lo definiscono Agua Vegetal donataci dalla vite, che dà ristoro non solo al corpo, ma anche all’anima e allo spirito.

Bassa gradazione alcolica, quindi, esaltazione del frutto e del suo terroir, dove la combinazione del microclima, dell’esperienza e della caparbietà di ricerca negl’anni, ci permette oggi di godere della più ampia varietà di prodotti, dalle rifermentazioni ancestrali, al tradizionale ver-muz, passando per gli espressionisti varietali in bottiglia.

Partida Creus rappresenta oggi per noi l’amore corrisposto alla fine di una telenovela segnata dalla passione.

Emilie Mutombo, giovane ragazza belga di origine congolese,  fa parte a tutti gli effetti della nuova generazione della viticoltura catalana. L’incontro con Massimo di Partida Creus la segna profondamente, decidendo di trasferirsi in Catalogna, tracciando un vero e proprio punto di partenza nella sua vita da vigneron. Vendemmia dopo Vendemmia, l’obiettivo di Emilie è chiaro: fare le sue cuvée, seguendo la linea guida improntata sull’estrema bevibilità, proprio come i vini di Massimo e Antonella. Quest’anno le sue prime creazione autonome: un bianco da uve Xarel.lo e un rosso da un blend di uve locali.

La nostra ricerca non di ferma, così come la nostra sete. Se esiste un vino bianco paradossalmente facile e complesso che tutti i giorni vorremmo avere a tavola, quel vino è il Verdejo di Esmeralda Garcia.

Dopo aver lavorato per rinomati produttori produttori della zona come Avelino Vegas, decide di iniziare a vinificare nel suo posto del cuore, a Santyuste de San Juan Bautista, un piccolo villaggio con cinquecento abitanti che fa parte della DO Rueda. Coltiva poco meno di cinque ettari di viti a varietà Verdejo, un’uva molto comune in Spagna, ma fin troppo mortificata e sfruttata per la produzione di bianchi incolori e insapori. Le sue piante, coltivate ad alberello, sono estremamente antiche, di età compresa tra i 140 e i 210 anni. Siedono su un suolo sabbioso e quindi tutte a piede franco. Il suo lavoro è veramente rispettabile e affascinante, portato avanti con costanza, scegliendo di elaborare una linea di vini tutti 100% Verdejo da mono appezzamento.

Parallelamente segue il progetto  Y Lo Otro Tambien, insieme a Joan Valencia, già noto per il suo Bar Brutal a Barcellona, dove Joan decide il momento di raccolta, in base alle sue intuizioni, e Esmeralda vinifica con il proprio stile inconfondibile. Vino senza artificio, stupefacente per la sua profondità, sorretta da un acidità notevole che non fa percepire minimamente il suo corpo.

Architetti piemontesi, Massimo Marchiori e Antonella Gerosa si trasferiscono a Barcellona nel 2001, dove in poco tempo i difetti superano i pregi della grande città. Mossi dal desiderio di una vita a pieno contatto con la natura e dalla volontà di sostenersi in autoproduzione, iniziano la loro avventura in una meravigliosa ”finca” a Massís de Bonastre, nel Baix Penedès, un piccolo anfiteatro di terra circondato dai boschi. Realizzato il sogno legato al cibo, mancava una bevanda che tenesse testa alla genuinità dei loro pasti. Un giorno, passeggiando per i campi, Massimo nota una vecchia vite abbandonata, ma forte e rigogliosa. Quella vite era Sumoll, quanto di più rappresentativo e tradizionale in quella zona. Da lì la scintilla: recuperare e rivalutare vecchie varietà ormai lasciate nel dimenticatoio come Trepat, Garrut, Queixal de Llop, Ull de Perdiu, Samsó, Garnacha e,appunto, Sumoll, realizzando così in toto il loro progetto di autoproduzione.

Un  approccio naturale al vino, piuttosto che un approccio al vino naturale.

Per Antonella e Massimo l’essenza più profonda del vino è racchiusa tutta nella sua bevibilità, infatti lo definiscono Agua Vegetal donataci dalla vite, che dà ristoro non solo al corpo, ma anche all’anima e allo spirito.

Bassa gradazione alcolica, quindi, esaltazione del frutto e del suo terroir, dove la combinazione del microclima, dell’esperienza e della caparbietà di ricerca negl’anni, ci permette oggi di godere della più ampia varietà di prodotti, dalle rifermentazioni ancestrali, al tradizionale ver-muz, passando per gli espressionisti varietali in bottiglia.

Partida Creus rappresenta oggi per noi l’amore corrisposto alla fine di una telenovela segnata dalla passione.

Emilie Mutombo, giovane ragazza belga di origine congolese,  fa parte a tutti gli effetti della nuova generazione della viticoltura catalana. L’incontro con Massimo di Partida Creus la segna profondamente, decidendo di trasferirsi in Catalogna, tracciando un vero e proprio punto di partenza nella sua vita da vigneron. Vendemmia dopo Vendemmia, l’obiettivo di Emilie è chiaro: fare le sue cuvée, seguendo la linea guida improntata sull’estrema bevibilità, proprio come i vini di Massimo e Antonella. Quest’anno le sue prime creazione autonome: un bianco da uve Xarel.lo e un rosso da un blend di uve locali.

La nostra ricerca non di ferma, così come la nostra sete. Se esiste un vino bianco paradossalmente facile e complesso che tutti i giorni vorremmo avere a tavola, quel vino è il Verdejo di Esmeralda Garcia.

Dopo aver lavorato per rinomati produttori produttori della zona come Avelino Vegas, decide di iniziare a vinificare nel suo posto del cuore, a Santyuste de San Juan Bautista, un piccolo villaggio con cinquecento abitanti che fa parte della DO Rueda. Coltiva poco meno di cinque ettari di viti a varietà Verdejo, un’uva molto comune in Spagna, ma fin troppo mortificata e sfruttata per la produzione di bianchi incolori e insapori. Le sue piante, coltivate ad alberello, sono estremamente antiche, di età compresa tra i 140 e i 210 anni. Siedono su un suolo sabbioso e quindi tutte a piede franco. Il suo lavoro è veramente rispettabile e affascinante, portato avanti con costanza, scegliendo di elaborare una linea di vini tutti 100% Verdejo da mono appezzamento.

Parallelamente segue il progetto  Y Lo Otro Tambien, insieme a Joan Valencia, già noto per il suo Bar Brutal a Barcellona, dove Joan decide il momento di raccolta, in base alle sue intuizioni, e Esmeralda vinifica con il proprio stile inconfondibile. Vino senza artificio, stupefacente per la sua profondità, sorretta da un acidità notevole che non fa percepire minimamente il suo corpo.